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Buone da morire

Come fare conserve casalinghe e continuare a vivere.

E’ inutile girarci attorno, è dai tempi di Adamo ed Eva che mangiare non è privo di rischi e il preparare conserve casalinghe si inserisce bene nell’insieme dei rischi alimentari.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanitò, dal 1986 al 30 settembre 2022 in Italia ci sono stati 406 intossicazioni da Clostridium botulinum (botulismo) che hanno interessato 599 persone. Di questi, il 75% ha riguardato conserve fatte in casa.

Per ridurre questo rischio, vi sono alcune norme, semplici ed efficaci.

Pulizia

Il primo passo è l’accurata pulizia delle mani e dei vestiti di chi prepara questi alimenti, della cucina dove si opera e degli utensili impiegati. E’ importante evitare la contaminazione incrociata, per cui piani di lavoro e utensili usati per le materie prima non ancora lavate o crude, devono essere distinti da quelli che vengono a contatto con gli ingredienti puliti o sanificati con la temperatura.

A livello casalingo si usano praticamente solo contenitori di vetro, che in effetti rappresentano la scelta migliore, in quanto lavabili e riutilizzabili. Per la chiusura si possono usare sia capsule di metallo a vite, che guarnizioni in gomma e gancio metallico per bloccare il coperchio, che però devono essere usati una volta sola, in quanto il loro riutilizzo non garantisce più una chiusura ermetica.

Le materie prime da conservare vanno pulite e lavate accuratamente, questo perché le attrezzature disponibili in cucina non consentono una vera sterilizzazione, come invece accade nelle lavorazioni industriali ed è quindi necessario abbattere la carica batterica iniziale, questo vale soprattutto per i Clostridi che, essendo sporigeni, possono essere inattivati solo con la sterilizzazione.

Le uniche tecniche casalinghe in grado di ridurre la crescita batterica sono: l’acidificazione, e l’aggiunta di sale o zucchero. Anche il congelamento è un trattamento efficace, a patto di non ricongelare eventuali residui di prodotto.

Nel caso delle marmellate, la crescita microbica può essere controllata riducendo l’acqua a disposizione dei microrganismi e per questo, nei secoli, alla frutta si è sempre aggiunto un pari quantitativo di zucchero, che assorbe l’acqua presente nel prodotto. Questo però porta a prodotti con elevati tenori in zucchero, pertanto, in tempi più recenti è stato proposto di sostituire il saccarosio con pectine, molecole componenti la fibra vegetale e dotate di elevata capacità di assorbimento dell’acqua.

Pastorizzazione

I vasetti di vetro vanno riempiti lasciando uno spazio vuoto di 1 cm per le marmellate, che vengono confezionate a caldo e di 2 cm le altre tipologie di prodotti, che dopo riempimento del contenitore vengono pastorizzate.

Sottaceti, sottoli e salamoie, devono essere completamente ricoperti dal liquido di governo.

Nelle nostre cucine non sono presenti autoclavi che consentano di condurre una sterilizzazione (120°C per almeno 20 minuti) e ci si deve accontentare della pastorizzazione, che elimina i batteri in forma vegetativa, ma non quelli sotto forma di spore.

I contenitori devono essere posti in capaci pentole, ricoperti di acqua assicurandosi che superi di almeno 10 cm il livello dei coperchi e portati ad ebollizione per un tempo variabile a seconda del prodotto. Ad esempio, per le conserve di pomodoro, servono almeno 40 minuti. In linea di principio per i prodotti acidi i tempi di bollitura vanno dai 20 agli 85 minuti (più grosso il contenitore, più lungo il tempo). Per quelle poco acide, si parla di diverse ore.

Trascorso il tempo di pastorizzazione, si spegne il fuoco, si aspetta una decina di minuti e si estraggono i vasetti dalla pentola, li si lascia raffreddare, si verifica l’ermeticità della chiusura (meglio farlo il giorno dopo) e, se non presentano difetti, si mettono nella dispensa.

Conservazione

Una volta preparate, le conserve vanno stoccate in un luogo fresco, asciutto e ventilato. Se conservate in vasetto di vetro, occorre anche evitare l’esposizione alla luce, che promuove l’ossidazione degli alimenti e il cambiamento di colore. Di solito imbruniscono.

Produrre e conservare bene, potrebbe non essere sufficiente a evitare contaminazioni microbiche. Quindi, prima di utilizzare una conserva è necessario osservare con attenzione la confezione. Se vi fossero sversamenti di liquido o il coperchio si presentasse convesso e alla pressione cedesse facendo “click clack”, è meglio non consumare il prodotto per evitare di portare in tavola un ospite indesiderato.

Altro segno che ci invita a non consumare la conserva è la presenza di bollicine di gas: sono classici indicatori di crescita di batteri gasogeni (Clostridi ma non solo).
Redatto da: Filippo Rossi Ricercatore in Nutrizione Umana Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali Università Cattolica del Sacro Cuore Piacenza
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