Il tempo d’autunno non è più quello di una volta, non piove più come una volta, nevica ancor meno, la nebbia offusca di meno le nostre giornate …… ma per fortuna, le castagne ci sono sempre.
Ma castagna è parola che può indicare molte cose, ad esempio il micidiale pugno di un pugile, o il tiro al fulmicotone di un arcigno calciatore come l’indimenticabile Romeo Benetti. Nel bosco, la castagna è il frutto del castagno selvatico essa condivide l’accesso alle nostre tavole con il marrone: la castagna evoluta, frutto dei castagneti coltivati ma anche di varietà che danno frutti più grossi.
Le dimensioni della castagna selvatica sono minori di quelle del marrone. Infatti, nel riccio del primo si possono trovare fino a 7 frutti, mentre più di 3 marroni, nel loro riccio, non ci stanno. La castagna ha poi una forma più piatta, mentre il marrone è tondeggiante.
La prima viene mangiata arrostita o bollita, mentre il marrone, oltre a condividere con la castagna i due predetti metodi di cottura, ha l’esclusiva di poter essere trasformato in dolce marron glace dall’arte dei pasticcieri.
Oggi se anche ci piace mangiare le castagne, cotte sulla fiamma o bollite, il loro consumo è voluttuario, ma un tempo, nelle zone di montagna più impervie, dove era difficile coltivare i cereali, la farina di castagna sostituiva quella di frumento e degli altri cereali vernini.
I dati di composizione presenti nella banca dati dell’Istituto Europeo di Oncologia (www-bda-ieo.it) sono chiari: 100 gr di farina di castagne contengono 348 kcal/100 gr, derivanti prevalentemente dai carboidrati, che globalmente rappresentano il 71.6 della sostanza secca, mentre suddivisi sono 44.2 gr di amido e 2 7 gr di zuccheri semplici.
A titolo di esempio, 100 gr di farina di frumento contengono 323 kcal e 71.6 gr di carboidrati, per la quasi totalità costituiti da amido. Il diverso contenuto in proteine (11% per la farina di frumento e 5.8% per la molitura delle castagne), che peraltro non costituiscono il reticolo glutinico, indicano che la farina di castagne non può produrre pani ben lievitati e di questo occorre tenerne conto in cucina.
Questa sua assenza di glutine la rende però adatta alla formulazione di alimenti per celiaci, oltre che a un impiego per preparazioni di pasticceria. E così, anche un alimento che si pensava avesse fatto il suo tempo, ha ritrovato nuova vita.
Redatto da:
Filippo Rossi
Ricercatore in Nutrizione Umana
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore
Piacenza