Non trovandole nel negozio sotto casa, Cristoforo Colombo fece letteralmente il giro del mondo per procurarsele. Erano le spezie, che a quei tempi, in cui non esistevano i frigoriferi, servivano per meglio conservare i cibi.
Le più note sono: aglio, basilico, pepe, cannella, timo, chiodi di garofano, menta, origano e la salvia. Le loro proprietà antimicrobiche sono attribuibili agli olii essenziali in esse contenuti.
Oggi, dove nelle nostre case il frigorifero non manca, le spezie vengono usate per la loro capacità di stuzzicare le nostre papille gustative. Esaminiamo ora qualcuna di loro, il cui uso è sopravvissuto all’invenzione del frigorifero.
Partiamo dal pepe, che non ha rilevanti proprietà antibatteriche, bensì organolettiche, al punto da avere una storia millenaria di uso gastronomico. Nei nostri piatti se ne possono aggiungere di tre tipi: nero, bianco e verde, tutti però derivati dalla medesima pianta, il Piper nigrum. A far la differenza è la modalità di lavorazione del frutto, mentre un estraneo è il pepe rosa, chiamata anche falso pepe peruviano e la cui bacca, di colore rosa, ha un gusto simile a quello del pepe, ma viene raccolta su un albero del genere Schinus.
Nome simile, ma diversa parentela botanica, l’hanno anche l’anice e l’anice stellato. Il primo, chiamato anche anice comune, è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Umbrellifare (come la carota). Viene usato per produrre liquori, come la sambuca o, uscendo dai confini nazionali, l’ouzo in Grecia e il raki in Turchia. Nell’ambito dell’anice stellato, occorre distinguere fra quello cinese, largamente utilizzato in quel Paese e quello giapponese, che è invece altamente tossico.
La cannella è un ingrediente di numerosi dolci. Due sono le varianti più diffuse: la Cinnamomun zeylanicum, originaria dello Sri Lanka e la Cinnamomum cassia, di provenienza cinese.
I chiodi di garofano sono una spezia molto profumata che si ricava dai fiori essiccati del Syzygium aromaticum, un albero, appartenente alla famiglia delle Mirtacee, che cresce in Indonesia, Madagascar e a Zanzibar.
Il curry è una miscela di spezie in polvere, che deve il suo nome alla presenza delle foglie del curry, un piccolo albero del Sud-Ovest asiatico, ma che ha nella curcuma il costituente principale. Altri ingredienti di questa miscela sono: il coriandolo, il cumino, la senape, il fieno greco, la cannella, lo zenzero, la noce moscata, il pepe nero e anche il peperoncino. Variazioni nelle percentuali di inclusione di queste spezie, daranno al curry aromi differenti. Il suo principale uso gastronomico è quello di insaporire piatti altrimenti di gusto neutro, come il riso, o di rendere più appetitosi piatti a base di carne.
La noce moscata è il seme della Myristica fragrans, pianta sempreverde delle Myristicaceae che i navigatori portoghesi andavano a comprare nell’arcipelago delle Molucche, ora parte dell’Indonesia.
A tutte queste spezie, come anche a molte altre qui non considerate (origano, timo, zafferano, zenzero, etc.) possono essere attribuite proprietà farmacologiche, quali potere anti-infiammatorio, digestivo o persino afrodisiaco e la medicina tradizionale asiatica le usa proprio per questo. Mancano però conferme ottenute con il metodo scientifico e pertanto, limitiamoci a usarle per quello che sicuramente sono: esaltatori delle nostre abilità culinarie.
Redatto da:
Filippo Rossi
Ricercatore Nutrizione Umana
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore
Piacenza