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Il nostro futuro in una tazza di tè

Vi è chi sostiene che si possa leggere il nostro futuro osservando i residui del tè rimasti sul fondo della tazza dopo che si bevuto la bevanda. Si chiama tasseomanzia e si abbina alla caffeomanzia, che invece è basata sull’interpretazione dei fondi del caffè.

Le due bevande hanno in comune il fatto di contenere caffeina, anche se in concentrazione diverse: una tazzina di caffè ne contiene circa 80 mg mentre una tazza di tè oscilla tra i 30 i 40 mg. Inoltre i polifenoli presenti nel tè, rallentano l’assorbimento intestinale della caffeina e ne prolungano l’effetto, che rimane quindi inferiore a quello del caffè.

Il punto di partenza è la pianta del tè, botanicamente detta Camellia sinensis, fiore bianco e foglie verdi, colore che mantengono anche dopo l’essicazione e lo sminuzzamento e che le stesse foglie trasmettono alla bevanda ottenuta dalla loro infusione: il tè verde. Se invece lo sminuzzamento è seguito dalla fermentazione otteniamo il tè oolong, di colore azzurro e, prolungando il processo fermentativo, quello nero, che è il più conosciuto alle nostre latitudini.

Una molteplicità di studi evidenziano l’utilità del consumo di tè verde per la prevenzione di patologie cardiovascolari e la causa di questo effetto protettivo viene da molecole polifenoliche presenti nelle foglie di questa pianta.

Si tratta di flavonoidi, costituiti al 90% da catechine e per il restante 10% da flavonoli. Al di là dei nomi particolari con cui questi composti vengono indicati, essi hanno la caratteristica comune di avere potere anti-ossidante e anti-infiammatorio.

La prima di queste proprietà consente di proteggere dall’ossidazione le lipoproteine ematiche, sorta di convogli biologici, carichi di lipidi e proteine che, navigando nella circolazione sanguigna, portano i grassi ai tessuti che ne hanno bisogno. La loro ossidazione ne facilita l’incagliarsi sulle cellule che rivestono i vasi sanguigni facendole diventare cellule spugnose e successivamente placche ateromatose, che possono staccarsi dalla parete dei vasi sanguigni e andare a ostruire vasi e arterie, fra cui le coronarie e generando così un’ischemia cardiaca o cerebrale. Hanno anche azione vasodilatatrice, promuovendo la sintesi di un potente vasodilatatore come l’ossido nitrico che, riducendo la pressione arteriosa, riduce anche il rischio cardiovascolare. A completare l’azione di protezione dell’apparato cardio-circolatorio vi sono la riduzione della colesterolemia e dell’aggregazione piastrinica.

Ma negli studi che hanno evidenziato questa azione protettiva, il consumo di tè arrivava o superava le 5 tazze giornaliere, quantità facile da raggiungere per le popolazioni asiatiche, visto che usano questa bevanda anche per pasteggiare. Per noi, che accompagniamo i nostri cibi con altre bevande, è più difficile raggiungere questo obiettivo.

L’assunzione di elevate quantità di tè non è comunque garanzia di riduzione del rischio cardio-vascolare. Infatti, diete ricche di energia, zuccheri o acidi grassi saturi ne annullano il potenziale effetto protettivo.

Chi volesse portare il proprio consumo di tè ai livelli delle popolazioni asiatiche, stia anche attento allo zucchero, il rischio è quello di proteggersi da un lato e di aumentare il rischio di diabete dall’altro.

 

Per approfondire:

Zhao T et al (2022) Green Tea (Camellia sinensis): A Review of Its Phytochemistry, Pharmacology, and Toxicology. Molecules 2022, 27, 3909.

Xing et al (2019) Recent advances in the understanding of the health benefit and molecular mechanism associated with green tea polyphenols. J Agric Food Chem. 2019 Jan 30;67(4):1029-1043

Redatto da:

Redatto da: Filippo Rossi
Ricercatore in Nutrizione Umana
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore

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