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Equo, solidale e sostenibile

Ogni nostro atto implica un giudizio, morale, edonistico o economico. Così anche ogni nostro acquisto è l’esito di una valutazione in tutti e tre gli ambiti prima elencati. Per alcune persone il prezzo non è l’aspetto più importante; quando si valuta un acquisto, è invece importante che l’alimento o l’oggetto non derivino da sfruttamento del lavoro o che la sua produzione non abbia provocato danno ambientale o maltrattamento animale.

A queste sensibilità risponde il commercio equo e solidale, una tipologia di commercio che assicura al produttore un margine di guadagno maggiore di quello del mercato tradizionale. Il produttore, per godere di questo vantaggio, deve operare in un modo rispettoso dell’ambiente, dei lavoratori e degli animali. La World Fair Trade Organization (WFTO) ha stabilito che chi voglia far parte di questo circuito commerciale debba rispettare una regolamentazione che, oltre al già citato giusto prezzo, preveda anche la creazione di opportunità per piccoli produttori, l’assenza di sfruttamento del lavoro minorile ed eviti ogni tipo di discriminazione.

I prodotti di chi aderisce a questa Rete commerciale mondiale possono fregiarsi del logo FairTrade.

Negli ultimi anni, accanto al concetto di commercio equo e solidale si è affiancato quello di sostenibilità. Non ci sono delle procedure, ci sono regolamenti, direttive e linee guida che ogni azienda cala nella propria realtà.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ritiene che un aumento delle produzioni di beni non possa essere sganciato dalla tutela della salute dei sistemi naturali e del benessere umano.

La sostenibilità è definita come un modello di business dove l’utile economico non è l’unico criterio che guida l’attività imprenditoriale ma nel quale l’uso delle risorse, gli investimenti, la gratificazione dei propri dipendenti, la creazione di condizioni di lavoro compatibili con le esigenze della vita famigliare, l’attenzione al tessuto sociale ove è situata l’impresa, coesistono, al fine di creare benessere e migliorare la qualità di vita di ogni individuo.

Sempre più imprese sono arrivate alla consapevolezza che prestare attenzione solo a livello economico sia l’esito di una visione limitata dell’attività imprenditoriale. E’ invece necessario considerare il legame esistente tra l’organizzazione stessa e la società con cui essa interagisce.

Se a livello interno il focus è posto sulla gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza sul lavoro, a livello esterno, la sostenibilità coinvolge i fornitori, i clienti, e le ricadute sociali e ambientali dell’attività produttiva.

E’ nato così il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR), per la quale esiste un’apposita certificazione (norma ISO 26000) caratterizzante le imprese che vogliono contribuire allo sviluppo sostenibile, alla salute e al benessere della società, facendosi carico delle conseguenze derivanti dallo svolgimento delle proprie attività.

La certificazione CSR ha un costo non trascurabile, ma consente all’impresa certificata di distinguersi sul mercato, aumentando il proprio appeal e conseguentemente le vendite, agli occhi di quel segmento di consumatori per i quali la soddisfazione derivante dall’acquisto di un bene va oltre la semplice utilità.

Per saperne di più

World Fair Trade Organization official site. https://wfto.com/

Redatto da:

Rossi Filippo
Ricercatore in nutrizione umana
Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Università Cattolica del Sacro Cuore,
Piacenza

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